(Consiglio di Stato, Sez. III, 13.03.2018, n. 1610)

Con la sentenza n. 1610/2018, la Terza Sezione del Consiglio di Stato, in parziale riforma della decisione del T.a.r. Sardegna n. 586/2017, ha statuito che, in materia di contratti pubblici, in forza del principio di pariteticità delle parti negoziali (Cass. Civ, Sez. Un., 14 maggio 2015 n. 9861), l’Amministrazione non può far valere unilateralmente eventuali vizi del contratto, traslando artificiosamente tali ipotetici vizi dal negozio agli atti prodromici.

In particolare, “per potersi affermare il carattere genuino dell’autotutela pubblicistica, a fronte di un contratto già in essere, occorre che il vizio in conseguenza del quale la medesima amministrazione si avvale del suo potere di autotutela attenga al modo in cui l’atto prodromico è stato posto in essere, o comunque sia esclusivamente ad esso proprio, non potendo viceversa costituire la mera proiezione di un vizio destinato in realtà ad inficiare la validità dello stesso contratto (Cass. civ., sez. un., 23 ottobre 2014, n. 22554; Cons. Stato, sez. V, 30 giugno 2017, n. 3174)”

Nel caso di specie, la Terza Sezione del Consiglio di Stato ha ritenuto che «le ragioni d’invalidità addotte dalla ATS per esercitare il proprio potere di autotutela non afferiscano specificamente ed autonomamente, né alla procedura selettiva che ha anticipato l’aggiudicazione del project financing, né alle altre delibere che, dal punto di vista formale, si collocano nel procedimento a monte della stipula del contratto e che, in quanto tali, sono rientrate nell’oggetto dell’annullamento […].

A tale conclusione si giunge in considerazione del fatto che dal punto di vista formale, la delibera n. 24/2017 richiama globalmente gli atti annullati, senza operare alcun riferimento al loro specifico contenuto e al relativo procedimento di approvazione, […] non individua specifici vizi di carattere procedimentale […], né evidenzia un non corretto modus agendi dell’autorità procedente.

In assenza di rilievi di carattere procedimentale, la delibera qui in esame trae esclusivo fondamento da valutazioni inerenti alla “non conformità del contratto concessorio al modello legale”.

Anche alla luce dei passaggi motivazionali testé richiamati, si ha dunque buon gioco nel ribadire che l’atto di autotutela è stato adottato non in relazione a vizi di legittimità del procedimento amministrativo propedeutico alla stipulazione del contratto, del quale anzi si rivendica la completezza degli apporti istruttori, ma in relazione a pretesi vizi genetici del sinallagma negoziale (frutto di una errata individuazione del punto di equilibrio contrattuale dell’operazione) – gli stessi vizi, peraltro, che avevano originato la pronuncia di nullità del contratto n. 213/2011. Sicché, l’incongruenza che si è intesa censurare non riguarda il modo con cui si è formata la volontà dell’amministrazione (in dipendenza di non corretto svolgimento del procedimento amministrativo), ma la volontà negoziale in quanto tale, nel suo porsi come scelta di un certo tipo di contratto e di un certo contenuto contrattuale».

Leggi la sentenza:

Consiglio di Stato, Sez. III, 13.03.2018, n. 1610

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