(Consiglio di Stato, Sez. V, 01.10.2018, n. 5608)

Con la sentenza n. 5608/2018, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato, ha respinto il ricorso per revocazione “poiché l’errore di fatto deducibile per revocazione deve:

a) derivare da errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere un fatto documentalmente escluso ovvero inesistente un fatto documentalmente provato;

b) attenere ad un punto controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato;

c) essere stato un elemento decisivo della sentenza da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e la pronuncia (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 10 gennaio 2013, n. 1 e numerose altre, tra cui Cons. Stato, 14 maggio 2015, n. 2431; id., V, 5 maggio 2016, n. 1824).

3.1. Nel caso di specie, difetta tale ultimo requisito”.

In buona sostanza, la Quinta Sezione, pur ritenendo che effettivamente il collegio sia incorso in errore nell’attribuire ai rappresentanti dei componenti del RTI le sigle apposte invece (nelle pagine interne dei documenti costituenti l’offerta) dai commissari di gara, ha ritenuto tale errore non rilevante ai fini dell’invocata revocazione.

E ciò, in particolare, in quanto nel giudizio di appello veniva in contestazione unicamente la sufficienza della sottoscrizione sul mero frontespizio dei documenti costituenti l’offerta al fine di ricondurre quest’ultima al concorrente.

L’ininfluenza, ai fini della decisione impugnata per revocazione, dell’errore di fatto denunciato comporta l’inammissibilità dell’impugnazione ai sensi dell’art. 395, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., poiché la norma richiede che la sentenza revocanda sia “l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa”. In sintesi, è necessario che tra errore di fatto e decisione sussista un nesso di causalità di carattere logico-giuridico, trattandosi di stabilire se la decisione della causa sarebbe dovuta essere diversa, in mancanza di quell’errore, per necessità logico-giuridica.

Nella specie, l’errore, pur commesso, non è perciò decisivo, in quanto, in ragione del principio di diritto applicato nella sentenza impugnata, la soluzione raggiunta sarebbe stata la medesima anche se l’errore non vi fosse stato”.

Leggi la sentenza:

Consiglio di Stato, Sez. V, 1.10.2018, n. 5608

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