(Consiglio di Stato Sez. VI, 18.10.2022, n. 8850)
La Sesta Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 8850/2022, dopo avere richiamato la relativa normativa, con ampia motivazione ha respinto l’appello avversario in quanto:
– dall’inottemperanza all’ordine di demolizione, anche laddove adottato in conseguenza dell’annullamento di un titolo edilizio, deriva, inderogabilmente, l’acquisizione del bene abusivo al patrimonio del Comune;
– una volta acquisito il bene, l’amministrazione può optare per la demolizione d’ufficio o per la sua destinazione a una finalità pubblicistica purché la sua conservazione “…non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico”;
– ai sensi dell’art. 31, comma 5, del D.P.R. n. 380/2001 la destinazione a fini pubblici dell’opera abusiva è impedita quando quest’ultima risulti in contrasto con “rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico” (in maniera pressoché analogamente disponeva l’art. 6, comma 11, della L.R. n. 23/1985 nella versione applicabile ratione temporis);
– in base alla norma, quindi, non qualunque contrasto con gli interessi ivi specificati è idoneo a precludere il mantenimento in situ dell’opera abusiva, ma solo quello che arrechi agli stessi un ragguardevole pregiudizio;
– l’art. 10 bis della L. 7/8/1990, n. 241, si applica pacificamente ai soli procedimenti a istanza di parte, che sono quelli la cui apertura è necessariamente subordinata alla presentazione di un’apposita richiesta da parte del soggetto interessato;
– il procedimento disciplinato dall’art. 31, comma 5, del D.P.R. n. 380/2001, tuttavia, non è compreso tra quelli a istanza di parte, rientrando tra quelli che iniziano d’ufficio e, del resto, la circostanza che l’esercizio del potere sia stato sollecitato da un’istanza del privato non vale a mutarne la natura giuridica (Cons. Stato, Sez. VI, 3/6/2022, n. 4521).
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Consiglio di Stato Sez. VI, 18.10.2022, n. 8850